L’arte si tinge di giallo. Rubata opera di Van Gogh
30 marzo 2020 _ Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Vincent tanti auguri a te!
Grande festa per i 167 anni del caro pittore olandese. Sì peccato che la festa l’ha fatta qualcun altro. Il famigerato Lupen III o chi per lui…alle 3.15 del 30 marzo festeggia alla grande trafugando una delle prime opere dipinte ad olio del grande Vincent Van Gogh. Si tratta del “Giardino della canonica a Nuenen in primavera” datato 1884. Il dipinto era stato prestato al museo Singer Laren, attualmente chiuso a causa del COVID-19.
Vincent lo realizzò all’età di trent’anni quando tornò a vivere con i genitori nella canonica di Nuenen. Dopo un breve apprendistato nell’atelier di Anthon van Rappard, pittore dell’Accademia di Belle Arti di Bruxelles, Vincent ritorna dalla sua famiglia, nel presbiterio di Etten. Il padre era infatti impiegato come pastore protestante e celebrava le varie funzioni nella chiesa ritratta nel dipinto rubato. L’immagine che vediamo è la visione che Van Gogh aveva da casa sua. Proviamo ad immedesimarci nei suoi occhi. Dalla finestra di casa o dal cortile volge lo sguardo e vede questo paesaggio e sullo sfondo la chiesa. Il titolo parla di primavera…il periodo dell’anno che rappresenta la rinascita, la freschezza, la delicatezza. Osservate bene questo dipinto. Voi la trovate tutta sta primavera…?
I toni sono cupi. Il paesaggio non è esattamente un rigoglìo di fiori e colori. La chiesa sullo sfondo si erge austera, lugubre. Ed infine in primo piano una donna vestita a lutto. La gioia, la felicità proprio. E’ evidente che abbiamo, o almeno io di sicuro, un concetto di primavera molto diverso da quello di Van Gogh.
Cerchiamo di insieme quest’opera. Partiamo dalla donna ritratta. Dovrebbe essere la madre alla quale Van Gogh decise di donare il quadro a seguito della morte del padre. Lo stile è molto lontano dal Van Gogh che conosciamo tutti. Quello caratterizzato dalle pennellate corpose, da un cromatismo quasi violento, senza sfumature, con il colore puro messo sulla tela con forza e indomabile irrequietezza.
Il Giardino della canonica è antecedente a tutto ciò. Van Gogh non ha ancora conosciuto il gruppo degli impressionisti, incontro che lo porterà ad abbandonare i temi sociali che tanto gli stanno a cuore nel primo periodo della sua carriera, quello appunto in cui viene realizzato il dipinto che stiamo analizzando.
L’opera appartiene infatti al cosiddetto periodo “olandese” o periodo “realista” in cui Van Gogh focalizzò la sua attenzione su soggetti tratti dalla vita rurale, in cui gli stessi toni della terra sono protagonisti insieme alle famiglie e ai contadini ritratti. Gli anni di Nuenen sono caratterizzati da quadri bui, spesso nero su nero, che raffigurano non solo visivamente ma anche emotivamente il duro lavoro dei contadini nei campi. Si tratta di una fase sperimentale in cui l’influenza di maestri come Courbet, Daumier e Millet si sentono in modo preponderante. Millet soprattutto, considerato il pittore di spirituali scene contadine a cui Van Gogh era tanto affezionato.
Il realismo è inteso per la naturalezza degli atteggiamenti in cui i soggetti vengono rappresentati. I colori invece come abbiamo potuto notare nel dipinto in questione non rappresentano esattamente la realtà (cosa che caratterizza gli impressionisti e che influenzerà anche lo stesso Vincent successivamente) ma evidentemente uno stato d’animo. Malinconia, desolazione. Sentimenti ed emozioni già radicati nel carattere di Vincent fin dall’età scolastica e rafforzati in questi anni dalla perdita del padre. Negli anni precedenti al suo trasferimento ad Etten il rapporto con il padre si fece particolarmente aspro. I due avevano infatti opinioni contrastanti per quanto riguarda la moralità ed il sistema religioso degli uomini di chiesa, di cui il padre era appunto rappresentante essendo pastore. Una lite furibonda fu motivo di distacco, un distacco che ritroviamo nell’immagine della canonica che rappresenta evidentemente il padre. La osserva e la ritrae da lontano. I colori cupi inoltre rimandano alla morte che lo allontanerà per sempre dalla figura paterna, senza possibilità di rimedio e ritorno.
Nonostante tutto la sua fu un’infanzia che potremmo definire felice. Primo di sei fratelli, fu particolarmente seguito dai genitori, un po’ bacchettoni, un po’ apprensivi ma soprattutto inclini a delle cure particolari che poi durante il periodo scolastico gli procurarono non pochi problemi. Vincent infatti non era abituato a misurarsi con “estranei” dai quali non riceveva evidentemente le stesse considerazioni. Risultato: l’allievo Vincent si presenta asociale e schivo nei confronti degli altri compagni. Questo fu un primo campanello d’allarme di quello che poi si rivelò successivamente il suo carattere da adulto. La sua indole lo portò sempre ad assaporare picchi di entusiasmo incontenibile alternati a rovinose delusioni. Il mix di queste emozioni lo condannerà progressivamente a stati di depressione sempre più acuti.
Lavorò come apprendista nella galleria d’arte dello zio, visse per un periodo a Londra dove venne letteralmente travolto dalle attrazioni della grande città. Qui si innamorò della figlia della padrona di casa dalla quale ricevette la prima grande delusione. Questo episodio modificò radicalmente il suo carattere, rendendolo chiuso e depresso. Vincent era estremamente sensibile e questi episodi furono davvero devastanti per il suo equilibrio mentale. Perse anche il lavoro presso la galleria e in preda allo sconforto più totale cercò consolazione nella religione. Iniziò a studiare teologia, seguendo le orme del padre, divenne predicatore laico a Bruxelles ma il suo fervore lo portò ancora una volta ad una rottura e incomprensione con i suoi superiori. Solo dopo questi passaggi, così dolorosi per il nostro Vincent iniziò ad avvicinarsi al disegno e quindi alla pittura.
Insomma la vita di Van Gogh fu un gran casino. Sì lo so, non è un termine molto “intellettuale” o “letterato”. La sintesi si racchiude in una profonda sofferenza emotiva fatta di eccessi che lo porteranno ad un’immensa desolazione e abbandono.
Torniamo al nostro dipinto. Qui ritroviamo perfettamente il senso di solitudine che lo accompagnerà per tutta la vita.
Ironia della sorte quest’opera rivive questa amara condizione. Fino a qualche giorno fa era esposta in uno dei principali musei olandesi. Oggi probabilmente sarà ben nascosta chissà in quale angolo del mondo. Probabilmente da sola, come fosse un banale straccio colorato, chiuso in se stesso come il suo autore.
La gloria (come scrisse Masson, celebre pittore francese) per alcuni è un sole nero.
Questo sito Web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza. Daremo per scontato che tu stia bene con questo, ma puoi rinunciare se lo desideri. Informativa privacyCookie settingsAccetta
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
No Comments